Dal 22 al 28 novembre nel capoluogo lombardo gli stati generali del music business. Tra il momento magico dello streaming e gli interrogativi del live

La ripartenza oltre il Covid è già in atto, ma le condizioni per rilanciare il settore musicale sono ancora parziali e insufficienti. A proporre un approfondimento di rilievo sarà la Milano Music Week, una settimana di concerti, incontri e webinar pensati innanzitutto per far tornare la musica dal vivo nei luoghi fisici. Programmata dal 22 al 28 novembre e realizzata in modalità diffusa attraverso oltre 40 location cittadine, questa quinta edizione metterà a fuoco lo stato dell’industria musicale italiana in un confronto serrato con le realtà internazionali e l’universo digitale, andando ad aggregare una molteplicità di player istituzionali e privati.
Il «momento» della musica italiana
La promozione e valorizzazione della filiera musicale passa dunque attraverso un dibattito che coinvolge temi ad ampio raggio: dal diritto d’autore alla nuova legge sullo spettacolo, dal ruolo dello streaming alla gender equality, dalla rilevanza delle case discografiche al tema delle revenue degli artisti. Proprio il diritto d’autore e la distribuzione del prodotto sonoro saranno fulcro di numerosi panel professionali, dato che influenzano in maniera diretta lo sviluppo dell’intero settore. «L’evoluzione che hanno avuto gli artisti negli ultimi anni, soprattutto quelli italiani, non ha paragoni», spiega Enzo Mazza, consigliere delegato della Fimi. «Il digitale ha eliminato le barriere, ha democratizzato la scena e oggi ci sono molti più giovani ed emergenti che entrano nelle classifiche, vincono dischi d’oro e suonano all’estero. L’esempio dei Maneskin rappresenta l’evidenza di questo enorme potenziale, dato che dopo la vittoria dell’Eurovision sono entrati immediatamente nella top ten di ben 38 paesi».
La riflessione sulla svolta digitale
I ricavi provenienti dagli ascolti digitali sono da anni al centro delle dispute fra artisti e piattaforme online, ma per Mazza anche su questo versante si stanno facendo passi in avanti. «In generale gli incassi dal digitale stanno aumentando e nell’ultimo triennio il pagamento di royalties da parte delle case discografiche è aumentato del 17 per cento. Ci sono poi artisti che li ricevono direttamente, utilizzando aggregatori che consentono di non passare dalle label e anche questo è un argomento interessante su cui porre attenzione». La Milano Music Week prevede dunque un’organizzazione tipica da music conference, con oltre 100 appuntamenti tematici di interesse internazionale e showcase serali dedicati ai nuovi artisti presentati da agenzie ed etichette.
Verso un modello «sostenibile» di business
Proprio i live saranno trasmessi in contemporanea in sei città europee, raccordate tramite una piattaforma di streaming. «Il nostro intento è quello di sperimentare una formula che limiti l’impatto ambientale dei tour», racconta Dino Lupelli, general manager del Music Innovation Hub, società di consulenza per le professioni musicali e le istituzioni culturali. L’hub milanese è anche quest’anno main content partner della settimana dedicata alla musica e con il format Linecheck pone in particolare l’accento su due temi: innovazione e sostenibilità. «La pandemia ci ha insegnato l’importanza dell’unità della filiera rispetto a problemi storici che esistevano già prima del Covid», prosegue Lupelli. «Sarebbe importante diventare radicali, seguire il modello norvegese e prevedere un minimo non derogabile per il pagamento degli artisti. In Italia impieghiamo invece il modello alla francese, con una regolamentazione che però viene applicata a singhiozzo, mentre è fondamentale garantire la professionalità di chi lavora e creare delle distinzioni chiare rispetto a chi orbita nella musica amatoriale».
Tutto il potenziale inespresso di un settore
Ma qual è allora il futuro della musica su cui puntare? Quale il potenziale ancora inespresso in quest’epoca di determinante cambiamento? Da una parte, come ricorda Mazza, la necessaria trasformazione delle etichette discografiche in music entertainment company, capaci di investire in ricerca e sviluppo e seguire i propri artisti attraverso qualsiasi canale oggi disponibile digitalmente. Dall’altra, insiste Lupelli, coprendo un settore nuovo per l’Italia, quello del music tech e dell’elaborazione di metadati, dunque operando sull’internazionalizzazione e supportando le startup innovative. Nel frattempo l’Italia sta finalmente scoprendo la complessità di una filiera come quella dei concerti, che nel 2019 valeva più di 500 milioni, il tutto nell’attesa di una legge quadro sullo spettacolo che definisca nuove e meticolose regole a tutela di un’intera categoria di lavoratori.
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