Mauro Repetto ha fatto la storia della musica pop italiana insieme a Max Pezzali. Prima di dividersi e che quest’ultimo intraprendesse una carriera da solista, i due erano gli 883. Tra loro finì perché “eravamo su frequenze diverse”, sostiene Repetto in un’intervista al Corriere della Sera.
Ma per Max conserva ancora quell’affetto di un tempo:
“È stato il mio migliore amico in assoluto, non potrò mai avere un migliore amico come lui, è la persona a cui umanamente sono stato più legato. Quando sei suo amico diventi una sola persona, ha inventiva e generosità, ha la capacità fusionale di farti divertire”.
I due erano compagni di banco, in origine.
“Max mi ha sempre fatto l’effetto del surrealismo di André Breton, con una frase mi dava la possibilità di lasciare la sedia del banco a cui ero inchiodato per partire in un film in un universo parallelo. Ricordo una delle sue prime frasi durante un’assemblea a scuola: ti immagini se apparissero dei camosci e degli stambecchi dietro alla professoressa? Era così: un flash, un click surrealista geniale. Fingendo di ascoltare quello che succedeva intorno a noi partivamo per un viaggio in una galassia totalmente diversa”.
Poi il successo, grazie anche al talent scout Claudio Cecchetto:
“Per me è il Walt Disney italiano, è uno che ha saputo concretizzare le sue intuizioni, come lui ha creato tanti personaggi. Mi ha sempre colpito il suo carisma: quando entrava in una stanza si accendeva un silenzio totale; per la personalità che emana sembra quasi un’entità spirituale”. Tra Max e Cecchetto quella sinergia iniziale sembra essere finita per sempre, ma Repetto ancora ci crede: “Spero che un giorno facciano pace. Prima di diventare tre vecchi in carrozzina mi piacerebbe bere ancora una volta una birra rossa tutti insieme”.
Tra Pezzali e Repetto, invece, non c’è stato alcun litigio furioso:
“Tra noi non si è rotto niente, la nostra amicizia rimane ancora forte, ma a un certo punto è arrivata questa chitarra con una nota distorta. La spiegazione che mi sono dato è che il duo, la coppia, è il vettore che va più veloce da un punto A ad un punto B, però consuma tanto carburante così velocemente che senza accorgetene rimani in panne. Rimani per strada, scendi dalla macchina e a quel punto ognuno prende una direzione diversa. Come se due radio improvvisamente si sintonizzassero su frequenze diverse: non captavamo più le stesse note”.
Poi lui è andato prima in America e poi a Parigi:
“Tutti e due parlavamo di american dream, anzi lui per primo era stato a New York e mi aveva raccontato la scena rap newyorkese. Per me era quindi normale andare a vedere quella giostra, cercare quella chimera che mi richiamava così forte. Non andavo via da niente, semplicemente proseguivo la mia sete di sogni, l’unica cosa che ho sottovalutato è stata la lingua. Mi proponevo come sceneggiatore ma non sapevo quasi parlare l’inglese”.
Però in compenso ha lasciato gli 883 a Max Pezzali, con tutto ciò che ne consegue in termini di visibilità e di soldi.
Non si è però pentito:
“Con Max non ho mai discusso una volta in mia vita di soldi, parlavamo solo di sogni e desideri. Tra di noi il denaro non è mai stato argomento di confronto: sono partito per un’altra giostra, chissenefrega di quello che ho lasciato”.
Se Cecchetto l’ha chiamato tante volte per farlo cambiare idea, Pezzali sapeva che non c’era niente da fare:
“Max – che mi conosceva più di Claudio – sapeva che la mia era una scelta definitiva, irrevocabile, era un fiume in piena dell’anima che non si poteva fermare. L’american dream l’avevamo coltivato per tutto il liceo e negli anni successivi: sapeva che non avrei cambiato idea”.
Infine una curiosità: perché tra tutti i supereroi proprio l’Uomo Ragno, quello che è diventato il marchio di fabbrica degli 883?
“Penso che Peter Parker fosse di Pavia, è uno di provincia, agisce d’istinto, è il supereroe di quartiere non osannato come gli altri Avengers, è quasi un antieroe. Uno che a volte poteva essere Johnny Depp e a volte Fantozzi. E anche io mi sento così, a volte Depp, a volte Fantozzi, a volte pirata dei caraibi, a volte umile impiegato della Megaditta”.
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(fonte 105.net)
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