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L'Era dei Concerti in Formato Maxy: Pro e Contro degli Stadi. ViKingSo Music Lancia la Provocazione

Lasciamo da parte per un attimo le polemiche sui prezzi dei biglietti, i sold out veri o presunti, e concentriamoci su un aspetto più profondo che riguarda l'esperienza stessa dei concerti negli stadi e in luoghi con capienze da decine, se non centinaia di migliaia di persone. In questi anni, lo diciamo un po' tutti noi che ci occupiamo di musica e che ne fruiamo regolarmente, gli stadi sono diventati il nuovo standard, seguiti a ruota dai palazzetti.

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Sembra quasi un mantra ripetuto all'infinito: artisti e management cercano disperatamente di riempire questi luoghi immensi per poter sottolineare quanto il/la cantante sia "cresciuto/a" in questi anni. Così, quello che una volta rappresentava il traguardo finale di una carriera, il culmine di un percorso decennale, è diventato un qualsiasi traguardo intermedio da raggiungere il più presto possibile, a volte sacrificando la qualità dell'esperienza in nome dei numeri.


Qual è il Problema della Musica Negli Stadi? Il "Senso di Comunità" Soffoca la Musica

A questa tendenza agli stadi si possono aggiungere anche spazi ancora più ampi e dispersivi come Campovolo (pensiamo ai 100.000 di Ligabue), gli Ippodromi (come quelli che hanno ospitato Dua Lipa ed Elodie a Milano) o quel pezzo di Tor Vergata dove Ultimo radunerà ben 250 mila fan – un record italiano per un live – dimostrando come, al momento, Vasco Rossi a parte, non ci sia nessuno in grado di trascinare un pubblico così vasto.


Chiunque abbia vissuto un concerto in uno spazio così ampio, però, avrà visto con i propri occhi i pro e i contro. E oggi, noi vogliamo concentrarci sui contro.

Siamo cresciuti in un'epoca in cui esistevano diversi "gradi" di location per la musica: dai piccoli club intimi e sudati, dove si respirava l'energia dell'artista a pochi passi, fino ai teatri, ai palazzetti e, solo una tantum, a luoghi adibiti per eventi musicali eccezionali.


Questo progressione naturale del percorso di un artista, che si guadagnava l'arena passo dopo passo, sembra essersi persa.


Il gigantismo della musica, che porta a radunare 80, 90, ma anche 150 o 200 mila persone (è successo e succede in Italia e all'estero, basti pensare ai grandi festival o all'incredibile concerto di Lady Gaga sulla spiaggia di Copacabana a Rio De Janeiro con 2 milioni di persone), ha portato sempre più a un'esperienza che si nutre principalmente di un senso di comunità, di appartenenza a una massa, ma che con l'esperienza diretta e profonda della musica ha ben poco a che fare.


Luoghi così ampi e dispersivi, infatti, permettono solo a un numero esiguo di persone di poter godere di un'esperienza veramente musicale.


Solo coloro che riescono a posizionarsi nel PIT (l'area più vicina al palco) possono sperare di vedere dal vivo l'artista senza l'ausilio dei maxi schermi, di goderne i particolari, di apprezzare, per esempio, i movimenti sul palco dei ballerini, la maestria dei musicisti o le sfumature delle scenografie.


Per tutti gli altri, l'artista diventa una figura lontana, spesso un pixel su uno schermo gigante, e l'audio si perde nell'immensità dello spazio.


La Perdita dell'Intimità e della Connessione Diretta

Questa trasformazione del concerto da evento intimo a mega-spettacolo di massa solleva interrogativi cruciali. Si perde l'intimità con l'artista, la possibilità di cogliere le sfumature di un'espressione, la potenza di un'improvvisazione, la vibrazione diretta di uno strumento.


Il pubblico diventa un'unica entità indistinta, e la musica, pur potente, rischia di trasformarsi in un mero sottofondo per un'esperienza più sociale che puramente artistica.

Non si tratta di demonizzare il grande evento, che ha la sua funzione e la sua magia, ma di riflettere sul fatto che, quando il "gigantismo" diventa la norma, si rischia di sacrificare la qualità dell'esperienza musicale per la quantità di presenze.


Noi di ViKingSo Music crediamo che la musica meriti di essere vissuta in tutte le sue forme, ma con la consapevolezza che la ricerca del "tutto esaurito" a ogni costo, in spazi sempre più grandi, possa diluire ciò che rende un concerto un'esperienza autentica e indimenticabile: la connessione, l'emozione diretta e la percezione chiara dell'arte in ogni sua sfumatura.


Cosa ne pensate dei concerti negli stadi?


Preferite la grandezza degli eventi di massa o l'intimità dei club?

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