Mogol: "Con Lucio Battisti è finita perché volevo la metà dei ricavi"
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- 6 giorni fa
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Giulio Rapetti, per tutti semplicemente Mogol, una penna che ha cesellato le emozioni di intere generazioni attraverso testi indimenticabili, si è aperto in una lunga e intensa intervista al Corriere della Sera.

Un viaggio nel cuore della musica italiana, costellato di successi planetari, incontri folgoranti, amicizie profonde e, inevitabilmente, qualche dolorosa rottura. Ma la vita di Mogol è stata anche un susseguirsi di episodi al limite, come lui stesso confessa:
"Ho avuto una vita incredibile, ho corso molti pericoli. E ho rischiato la vita più di una volta".
Una longevità che il maestro attribuisce a una sorta di protezione divina, unita a una buona dose di fortuna.
Il suo percorso artistico si è intrecciato con quello di autentici numi tutelari della canzone italiana, a partire da Luigi Tenco. Mogol ricorda quel tragico Sanremo e la fissa di Tenco per "Ciao amore":
"Non ero d’accordo: il brano era quello, ma Tenco non era uno da Sanremo".
Nonostante i suoi tentativi di dissuaderlo, il destino volle che Tenco partecipasse, con il tragico epilogo che tutti conosciamo.
Poi c'è stata Mina, un'artista dalla voce inconfondibile. Mogol svela un aneddoto interessante:
"Una grande artista, anche se non volle ‘Il mio canto libero’. La convinsi però a cantare Il cielo in una stanza di Gino Paoli".
E sul misterioso ritiro dalle scene di Mina, Mogol azzarda un parallelismo illuminante:
"Credo per la stessa ragione con cui io all’epoca convinsi Lucio Battisti a farlo: l’eccessiva presenza ti annulla, l’assenza ti rende grande. È la lezione di Vasco Rossi".
Una riflessione acuta sul potere dell'immagine e sulla costruzione del mito nell'industria musicale.
Non mancano i racconti su Gianni Morandi, un'altra figura chiave nella carriera di Mogol. Un aneddoto rivela la genesi di un brano iconico:
"Voleva smettere di cantare. Ci chiudemmo in casa, in pigiama, Gianni si mise a suonare e io scrissi d’istinto ‘Canzoni stonate’. Così rinacque".
Un momento di creatività pura, un'alchimia perfetta tra musica e parole che ha segnato una nuova fase nella carriera di Morandi.
Il rapporto con Zucchero, invece, non fu sempre rose e fiori. Nonostante Mogol gli abbia dedicato tempo e insegnamento ("gli ho fatto lezione per sei mesi"), il paroliere smentisce categoricamente un aneddoto piccante attribuito a Zucchero:
"No, gli dissi che lui era in cucina. E lo feci per spronarlo".
Un modo, forse un po' diretto, per stimolare il talento di un artista in divenire.
Ma il cuore dell'intervista non poteva che toccare il sodalizio leggendario con Lucio Battisti. Un'accoppiata che ha regalato alla musica italiana gemme indimenticabili. Mogol chiarisce che la rottura del 1980 fu esclusivamente professionale:
"Io rivendicavo un rapporto paritario nella distribuzione dei ricavi, cinquanta e cinquanta. Non andò così".
Una divergenza economica che pose fine a un'era, ma che non scalfì il profondo legame umano.
E qui si entra in un territorio quasi mistico. Mogol rivela un episodio sorprendente, un messaggio dall'aldilà:
"Un giorno la mia segretaria mi dice che una medium si è messa in contatto con Battisti e che lui, dall’aldilà, ha da consegnare una canzone per me, intitolata ‘L’arcobaleno’. Ovviamente non la richiamo, anzi reagisco con fastidio. Passano i giorni quando sulla copertina della rivista Firma del Diners Club vedo una foto di Lucio circondato da un arcobaleno".
Un segno, forse una coincidenza, che colpisce profondamente.
Un'esperienza simile si ripete con la scomparsa di Mango:
"Ero in auto con mio figlio Francesco, il più piccolo. Lui mi disse che aveva voglia di farmi ascoltare tutte e quattordici le canzoni che avevo scritto per Mango. Mentre passava la musica, in un cielo azzurrissimo e senza una nuvola, scorgemmo una cosa molto strana. Un arcobaleno che andava quasi a incastrarsi in una roccia ricurva, come un cerchio colorato. Non riuscivo a credere ai miei occhi. E la cosa incredibile fu che, arrivati a destinazione, ci raggiunse la notizia che Mango era morto".
Due episodi carichi di suggestione, che aprono interrogativi sul mistero della vita e della morte, e sul legame indissolubile che l'arte e l'affetto possono creare.
La testimonianza di Mogol è un tuffo emozionante nella storia della musica italiana, raccontata dalla voce di uno dei suoi protagonisti più illustri.
Aneddoti, verità svelate e un pizzico di mistero si fondono in un racconto che appassiona e commuove.
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